
Una missione di altissimo livello quella che il Religion Today Film Festival ha testimoniato in questi dodici
anni di vita in cui ha riunito, condiviso e premiato film prevalentemente indipendenti provenienti dalle
principali culture religiose del nostro pianeta (Cristiani, Ebrei, Buddisti, Musulmani). Una sfida complessa per
la Facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale della Pontificia Salesiana che - per il secondo anno
consecutivo – ha ospitato e organizzato il seminario in modo sapiente, dando uno spazio attento ed
equilibrato ai diversi contributi necessari per lo svolgimento della manifestazione a Roma. Una giornata di
studi e riflessioni con un’agenda densa di testimonianze: dai saluti del Rettore Carlo Nanni (Filosofo
dell’educazione) e di Davide Zordan (Presidente del Religion Today Film Festival) ai lavori veri e propri che
hanno visto una mattinata presidiata dal cinema di ispirazione cristiana ed ebraica, ed un pomeriggio
interamente dedicato al cinema di ispirazione buddista e islamica
La riflessione cristiana
Franco Lever, Decano della Facoltà, ha sottolineato la radice comune alle tre grandi religioni monoteiste
ricordando Abramo. Il Dio di Abramo è unico, trascendente e vicino - qualità sulle quali insistono
cristianesimo, ebraismo e islamismo – e la Bibbia è testimonianza di quella duplice e mai sopita tensione
umana tra l’idolatria e il desiderio di incontrare l’Essere. Per i cristiani tale tensione si risolverà grazie a
Gesù, volto di Dio, la cui storia è tessuta in tutta l’arte cristiana e la cui rappresentazione testimonia come la
stessa immagine – che è comunicazione – del Cristo sia stata da sempre fonte di ispirazione e ricordo per
tutti i credenti. Ma il rischio dell’idolatria permane anche oggi e forse alcune culture (Chiesa ortodossa)
hanno meglio preservato la purezza di un Dio che non è rappresentabile, non è dicibile. Il cinema di
ispirazione cristiana ha di fronte a sé la stessa sfida (e lo stesso compito) dell’arte cristiana: evocare la
Presenza, evitando banalizzazioni e forme di idolatria (la pretesa di “possedere”, “controllare” Dio). Si tratta
di un compito e di una sfida di estrema importanza ed è il “ministero” specifico degli artisti nella comunità
cristiana, come ebbe a dire loro Paolo VI nell’incontro della Cappella Sisstina il 7 maggio 1964: “Noi abbiamo
bisogno di voi. (…) la vostra arte è proprio quella di carpire al cielo dello spirito i suoi tesori e di rivestirli di
parola, di colori, di forma, di accessibilità (…). Se noi mancassimo del vostro ausilio, il (nostro) ministero
diventerebbe balbettante e incerto.
Il prof. Lloyd Baugh, docente di Cinema alla Pontificia Gregoriana, ha ribadito l’importanza del cinema come
strumento di riflessione e la funzionalità del testo filmico come ispirazione, anche nell’ambito della preghiera
e degli esercizi spirituali. Negli oltre 120 film che dal 1897 hanno affrontato la tematica religiosa cercando di
rappresentare la duplice natura di Gesù, Baugh ha citato alcuni titoli tra i migliori film e i peggiori, rilevando
come lo stesso Vaticano abbia, nel 1996, designato ‘Il Vangelo secondo Matteo’ di Pierpaolo Pasolini come
migliore rappresentazione cinematografica, in termini di onestà e integrità, della figura del Cristo. Baugh ci
ha ricordato che è nell’esperienza dell’amore che l’uomo somiglia a Dio poiché è l’amore che apre alla
percezione dell’Altissimo, dunque né action-movie né facili sentimentalismi, spesso frutto di una negativa
influenza dell’intrattenimento televisivo, interamente giocato sui ritmi incalzanti e sul facile presidio delle
emozioni del grande pubblico.
Ci si è poi congiuntamente interrogati su chi abbia licenza di poter produrre un film su Dio. Un credente?
Praticante? Moralmente retto? Eppure Pasolini era marxista e fuori dalla Chiesa, ma carico evidentemente di
una autentica tensione spirituale. Si è poi parlato di Kieslowsky che con il suo Decalogo ha dato vita allo
‘sguardo d’amore’, una chiamata a cui l’uomo è libero di rispondere poiché Dio ispira, offre, fa arrivare
all’amore, ma l’uomo è sempre libero di scegliere.
Ha concluso la parte del seminario dedicata alla riflessione cristiana il sacerdote e critico cinematografico
norvegese Kjartan Leer-Salvesen. Il suo intervento è partito da una citazione di Tarkowsky per il quale ‘l’arte
è l’infinità tangibile’. Laddove la nostra cultura è modellata dai mass media, Salvesen ci ricorda – citando i
risultati di una recente ricerca empirica - come il cinema fornisca alle persone spunti di riflessioni sulle
questioni sociali e sui grandi temi della vita. Dunque il cinema come ‘risorsa’ e non come ‘intrattenimento’
(motivo per il quale il rapporto tra teologia e cinematografia è stato storicamente difficile), e soprattutto come
risorsa per il dialogo interreligioso, come capacità di ascolto e di stimolo della capacità critica. “La migliore
arte a sostegno della ricerca di un significato” secondo Ernest Ferlita citato da Salvesen, che ha poi
menzionato i film di Peter Weir come testimonianza della presenza della Grazia. La ‘camera’ può avere uno
sguardo meditativo, è testimone della creazione, il film incarna un linguaggio umano e contribuisce
significativamente al processo di creazione del significato, pertanto può e deve essere utilizzato anche in
Chiesa per stimolare la conversazione all’interno della comunità, poiché è nell’interpretazione che si
interagisce e, dunque, che si costruiscono ponti.
La riflessione ebraica

E’ poi intervenuto Gilad Goldsmith, regista israeliano. Utilizzando alcune sequenze
di un suo recente lavoro (“Family on the Edge”, l’avventura di una famiglia ortodossa ebraica che sale sul
Kilimangiaro) egli ha evidenziato come il cinema di ispirazione religiosa ebraica si possa suddividere in due
principali filoni: i precetti (cosa fare e non fare) e quindi il conflitto del credente rispetto alle regole; la vita
spirituale dei credenti al di là di ciò che si deve o non si deve fare.
La riflessione buddista
Clementine Ederveen, autrice olandese del film ‘Kindness, a letter from Tibet’, ha spostato la riflessione sui
temi cari al buddismo: compassione e gentilezza sono le chiavi per arrivare all’Assoluto e sono chiavi che
abbiamo nel nostro cuore e nella nostra mente. L’autrice sostiene che solo dopo essere stati in qualche
modo ‘toccati nel profondo’ dalle storie narrate dal cinema, possiamo aprirci al dialogo con l’altro in modo
attento e compassionevole. Nel suo bellissimo film, una madre testimonia alle figlie che solo ‘vivendo i versi’
si potrà avere una vita carica di significato e meritevole di essere vissuta. L’intelligente pacatezza e la
capacità di attenzione silenziosa di questa autrice sono state altresì evidente testimonianza di una sensibilità
attribuibile a quella parte di mondo che coltiva in modo particolare la vita interiore e per la quale l’esistenza è
un eterno fluire in cui solo insieme si è parte del Tutto.
La riflessione musulmana
Il prof. Lassaad Jamoussi dell’Università di Sfax, Tunisia, ha messo in evidenza la difficoltà con cui la
fotografia, prima e il cinema, dopo, hanno conquistato un loro spazio nei paesi di religione islamica; di fatto
ancora oggi permane la diffidenza, se non l’ostracismo, da parte di settori religiosi nei confronti del cinema.
La situazione è diversa in alcuni Stati come l’Egitto, l’Iran e la stessa Tunisia. Ha poi sottolineato,
documentando le sue parole con la proiezione di alcune sequenze, come i temi ricorrenti nel cinema di
ispirazione islamica siano l’immigrazione, il destino, il contrasto tra la modernità e la tradizione, il ruolo delle
donne, il terrorismo che però, tiene a sottolineare, non nasce dalla religione ma è fenomeno storico e
politico.
La riflessione sul cinema di ispirazione islamica è stata ulteriormente approfondita con l’intervento
del regista iraniano Rasoul Sadr Ameli, che ha introdotto la visione del suo film Every night, Loneliness, film
a cui la giuria degli studenti della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale ha assegnato il premio
“Giovani e comunicazione”.
Conclusioni
Al termine dei lavori, con un’interessante riflessione a più voci, si sono ripresi i temi toccati durante la
giornata. In modo particolare è emerso che c’è una strada aperta a tutte le religioni presenti al seminario per
incontrare Dio e dare voce a questa esperienza, quella di amare gli altri come sé stessi. E poi un confronto
tra cristiani ed ebrei rispetto ad una provocazione lanciata da Lever: l’occhio dell’artista ‘digiuno/estraneo’
all’indottrinamento/catechismo/dogma – di qualunque religione esso sia - può davvero offrire uno sguardo
cinematograficamente valido alla narrazione di un Dio che però è indicibile e dunque potrà solo e sempre
essere rappresentato nella dimensione della fede vissuta dalla gente e non certo tramite pindarici effetti
digitali? In sostanza si è constatato che abbiamo bisogno più di poesia e di amore per i fratelli che di “idee
chiare e distinte” per avvertire la presenza di Dio nella nostra vita e poi poterlo dire nel cinema, perché
spesso il Signore si fa trovare laddove meno ci aspettiamo. Ed è proprio sulla base di quest’ultima riflessione
che gli studenti della FSC hanno assegnato il loro premio al regista Rasoul Sadr Ameli (Iran) per il suo film
Every night, Loneliness.
A lavori finiti, tanti applausi e una punta di malinconia per la fine di un appuntamento straordinario e
coinvolgente che ci troverà di nuovo tutti qui il prossimo anno, a costruire la pace partendo dall’esplorazione
di quelle diversità che, toccandoci così in profondità attraverso il cinema, finiscono con il metterci in ascolto e
in risonanza.